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foto tratta dal web |
Siamo tutti addolorati,
esterrefatti e impotenti di fronte alla notizia battuta da tutti i
media in questi due ultimi giorni: una terribile strage di migranti
è avvenuta nel Canale di Sicilia. Il nostro mare diventa sempre più
un cimitero di anime disperate in fuga da una realtà ancora più
terribile del rischio di morire tra i flutti. La conta di questo
ennesimo orrore è terrificante: 950 i migranti inghiottiti dalle
acque del Mediterraneo, dopo l'ennesimo naufragio record: 700 uomini,
200 donne e 50 bambini.
Dagli approfondimenti dei notiziari (in questo
articolo riportiamo ampi stralci tratti da Il Fatto quotidiano,
da Il Corriere.it e
dall'articolo di Deborah Dirani sull'Huffingtonpost),
si scopre che il barcone era un peschereccio proveniente dall'Egitto,
che si è capovolto nella notte tra sabato e domenica a circa 60
miglia a nord della Libia. All'inizio la stima degli occupanti del
peschereccio era di 700 persone, ma alcune testimonianze parlano di
più 950 persone a bordo, tra cui 50 bambini e 200 donne provenienti
da Algeria, Egitto, Somalia, Nigeria, Senegal, Mali, Zambia,
Bangladesh, Ghana. Ad aumentarne il dramma alcuni particolari
inquietanti: molti dei migranti sono stati stipati nella stiva e
proprio a questi è toccata la morte più orribile, perché gli
scafisti li hanno intrappolati bloccando i portelloni. A raccontarlo,
nell'articolo di oggi de Il Fatto quotidiano è un ragazzo del
Bangladesh, uno dei pochi sopravvissuti che ora si trova all'ospedale
di Catania. Nell'articolo viene riportata la sua dichiarazione choc:
“Eravamo in 950. C’erano anche duecento donne e 50 bambini con noi. In molti erano chiusi nella stiva”.
I numeri
Allo stato attuale 28 sono i sopravvissuti che si
trovano a bordo della nave Gregoretti e che a breve verranno
trasferiti in Sicilia. 24 i cadaveri per ora recuperati e trasferiti
a Malta. La stima dei dispersi (ancora da accertare ufficialmente)
varia quindi dai 700 ai 900, uomini donne e bambini che si dispera di
poter recuperare ancora in vita dalle acque profonde di quel tratto
di mare. Sarà difficoltoso anche il recupero delle salme, perché,
come spiega l'articolo de Il Corriere.it “il tratto di mare
dove è affondato il barcone è troppo profondo per consentire
l'intervento dei sommozzatori.”
La dinamica dell'incidente
Dal peschereccio era stato lanciato sabato un Sos
perché aveva difficoltà di navigazione. Immediata la decisione
della Guardia Costiera di dirottare in quel tratto di mare il
mercantile portoghese King Jacob, ma quanto questi si è
avvicinato al barcone gli occupanti si sono agitati e la nave si è
capovolta. Non c'è stato neanche il tempo di calare le scialuppe e
in pochi terribili attimi i flutti del mare hanno inghiottito uomini,
donne e bambini. Altre imbarcazioni che erano presenti in zona sono
state dirottate per prestare soccorso: in tutto 18 navi e ben 3
elicotteri della Marina Militare Italiana; ma non sono stati trovati
sopravvissuti. Trovare qualcuno ancora in vita è difficile, anche se
– come dichiara il premier maltese, Jospeh Muscat - “si stanno
cercando letteralmente le persone superstiti tra i cadaveri che
galleggiano in acqua”.
Il portavoce della guardia costiera Filippo Marini,
intervistato da RaiNews24 ha dichiarato “L'acqua del mare in questo
momento ha una temperatura di circa 17 gradi: se qualcuno è ancora
in mare c'è la possibilità che possa rimanere vivo, se si aggrappa
a qualcosa e se può essere individuato”, per questo motivo
all'alba di domenica sono stati lanciati in mare zattere e
salvagenti, nella speranza di poter aiutare qualche sopravvissuto a
resistere.
Le ricerche quindi proseguono ed è notizia di ieri,
confortante ma che certo però non lenisce la disperazione di questa
tragedia umanitaria, che è stato recuperato un ragazzino ancora in
vita.
Le reazioni internazionali
Medici Senza Frontiere, che si trova con la
sua unità operativa presso l'ospedale maltese Mater Dei, ha
richiesto un intervento internazionale di gestione dell'emergenza.
Il Presidente della Repubblica Sergio
Mattarella ha commentato che “ci troviamo davanti a una tragedia
immane che deve scuotere la comunità internazionale e richiama
all'impegno i Paesi dell'Unione Europea.”
Il Premier italiano Matteo Renzi ha
dichiarato che “contro gli scafisti è possibile un'operazione
condivisa in Europa, ma mirata”. Per fare quindi il punto della
situazione e per decidere le azioni da intraprendere sono stati
convocati i ministri italiani competenti e all'Unione Europea è
stato richiesto un vertice straordinario.
Dello stesso tono le dichiarazioni del Cancelliere
tedesco, Angela Merkel e del Presidente francese, Francois
Hollande.
Polemiche al vetriolo invece
dal leader della Lega Nord, Salvini (“Altri morti sulle coscienze
del premier e di Alfano”), e dichiarazioni pesanti e fuori luogo
quelle rilasciate dalla Santanché (scuderia Forza Italia), durante
l'intervista rilasciata a Skytg24: "Bisogna affondare i barconi.
Non ci sono altre soluzioni. Meglio un atto di guerra che perdere la
guerra." Esternazioni, a mio avviso, da dimenticare.
Da sottolineare invece il cordoglio condiviso da
molta parte della società civile Europea, che ha seguito con
emozione e sollecitudine questo dramma, alcune realtà si stanno già
attivando per aiuti umanitari. La Cgil ha organizzato per domani 21 aprile una mobilitazione nazionale a Roma davanti a Montecitorio.
Papa Francesco,
poi, ha dichiarato nella sua omelia che questa tragedia ha
coinvolto:
“Uomini e donne come noi, cercavano la felicità.”
Le azioni internazionali
Nel frattempo sono partite le indagini per
individuare i responsabili di questa ennesima strage del mare e della
disperazione, condotte dalla Guardia Costiera e dalla Polizia di
Stato, dalla squadra mobile di
Catania e dal servizio centrale operativo di Roma. I reati
ipotizzati sono naufragio
colposo, omicidio
colposo plurimo e
favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Ma, al di là delle sterili polemiche e delle
dichiarazioni ad effetto (che hanno l'unico scopo di cavalcare l'onda
dell'indignazione, della rabbia popolare o alimentare sentimenti
xenofobi) è necessario che, oltre alla presenza sul luogo della
tragedia e al recupero delle salme, si decidano azioni serie di
contrasto a questa tratta dei disperati (che arricchisce personaggi
senza scrupoli), con azioni mirate e orchestrate da tutta la comunità
internazionale. Altresì è necessario che la comunità
internazionale si attivi per predisporre un miglioramento delle
condizioni di vita nei paesi da cui tanta gente fugge, è un dovere
morale verso questi popoli.
Ma perché tanta gente rischia la propria vita a
bordo di questi barconi della speranza? Lo spiega bene Deborah Dirani
nel suo articolo:
“Settecento poveri cristi sono morti
annegati invece che bombardati e questo dovrebbe aprire tanti
cervelli ottusamente chiusi dalla ruggine di un catenaccio di
ignoranza. Se accetti di andare per mare non sapendo nuotare, se
paghi i risparmi di tutta la tua povera vita per imbarcarti in una
zattera che assomiglia a una bara devi essere talmente disperato da
preferire l'ipotesi alla certezza della morte.
E' agghiacciante. È disumano. Eppure sono
uomini e donne quelli che ogni giorno sono costretti ad operare
questa scelta: morire di sicuro a casa loro o morire, forse, in mezzo
al mare; del resto se sopravvivi al mare di là c'è la vita.
Non importa quanto misera possa essere la vita
di là: basta che non sia scandita dalle sirene del coprifuoco e dal
rumore dei mortai. Sarà di mani tese a chiedere un pezzo di pane,
sarà di paura di sentirselo negare: ma sarà vita. Sarà libertà.”
Due valutazioni...
Dopo le polemiche sterili di queste ultime ore, che tanto male fanno al senso di appartenenza tra i popoli, lo stesso che ha istintivamente spinto tutti noi a partecipare emotivamente e empaticamente a questa tragedia, voglio proprio spendere due parole alla necessità di far nuovamente germogliare nella comunità internazionale il sentimento del sentirsi fratelli di questa vasta umanità.
Troppo facile parlare a vanvera, troppo semplice
fare proclami istigando la paura verso l'altro, il diverso,
dimenticando che proprio
noi italiani siamo stati i migranti del secolo scorso. Dal 1876 al
1915 infatti furono 14 milioni gli italiani che si imbarcarono per
cercare fortuna altrove, prima in Europa e poi (dal 1886)
Oltreoceano, verso l'America. Quasi 8 milioni furono gli italiani che
migrarono verso l'Argentina, il Brasile e gli Stati Uniti in
condizioni addirittura peggiori di quelle attuali. I viaggi della
speranza finiti in tragedia che hanno coinvolto italiani sono
segnati nella storia:
- 17 marzo 1891: 576 gli italiani morti al largo
della Libia nel naufragio de “L'Utopia”
- 4 luglio 1898: 549 i morti (tra cui molti
italiani) al largo della Nuova Scozia nel naufragio del “Bourgogne”
- 4 agosto 1906: le salme italiane sono 550, questa
volta in mare spagnolo, nel naufragio del “Sirio”
- 25 ottobre 1927: 314 morti ufficiali (ma stimati
quasi il doppio) al largo del Brasile, nel naufragio della
“Principessa Mafalda”
E' doloroso tornare indietro nella memoria a fatti
simili, ma a volte è necessario. Per non dimenticare che questa
scelta disperata è stata nei secoli ripetuta da vari popoli, anche
dal nostro. Questa nuova tragedia della speranza, che ci riporta ad
altri fatti di cronaca perduti nella memoria, diventa quindi un
monito per insegnarci che nella disperazione siamo tutti uguali e che
la morte non fa alcuna differenza di razza...
Forse, davvero, dovremmo stringerci tutti insieme
nell'augurio espresso dal nostro Presidente della Repubblica che:
“la sensibilità ai diritti umani prevalga sull’indifferenza che spesso sconfina nel cinismo.”
A chiusura di questo mio articolo ecco il testo
della canzone “Ritals” di Gianmaria Testa, che esprime
perfettamente il sentimento di disperazione che spinge l'uomo a
cercare un altrove migliore. Il testo è stato scritto nel
2006 ma è drammaticamente attuale...
Eppure lo sapevamo anche
noi
l'odore delle stive
l'amaro del partire
Lo sapevamo anche noi
e una lingua da disimparare
e un'altra da imparare in fretta
prima della bicicletta
Lo sapevamo anche noi
e la nebbia di fiato alla vetrine
e il tiepido del pane
e l'onta del rifiuto
lo sapevamo anche noi
questo guardare muto
E sapevamo la pazienza
di chi non si può fermare
e la santa carità
del santo regalare
lo sapevamo anche noi
il colore dell'offesa
e un abitare magro e magro
che non diventa casa
e la nebbia di fiato alla vetrine
e il tiepido del pane
e l'onta del rifiuto
lo sapevamo anche noi
questo guardare muto
l'odore delle stive
l'amaro del partire
Lo sapevamo anche noi
e una lingua da disimparare
e un'altra da imparare in fretta
prima della bicicletta
Lo sapevamo anche noi
e la nebbia di fiato alla vetrine
e il tiepido del pane
e l'onta del rifiuto
lo sapevamo anche noi
questo guardare muto
E sapevamo la pazienza
di chi non si può fermare
e la santa carità
del santo regalare
lo sapevamo anche noi
il colore dell'offesa
e un abitare magro e magro
che non diventa casa
e la nebbia di fiato alla vetrine
e il tiepido del pane
e l'onta del rifiuto
lo sapevamo anche noi
questo guardare muto
- “Naufragio migranti, il sopravvissuto: 'Eravamo950. Molti chiusi nella stiva'”
- Naufragio nel Canale di Sicilia “A bordo in 950, molte donne e bambini”
- “Quell'acqua nera nei polmoni che soffoca lesperanze di settecento poveri cristi” di Deborah Dirani
Focus sull'immigrazione in Italia
(tratto da www.tgcom24: link )
Nel corso degli ultimi vent'anni il fenomeno
dell'immigrazione di massa verso l'Italia ha raggiunto dimensioni
impressionanti, e impressionante è anche il tributo di sangue pagato
nel viaggio verso l'"Eldorado Europa". Secondo Fortress
Europe, osservatorio sulle vittime dell'immigrazione, tra il 1988 e
il 2008 almeno 12.012 persone hanno perso la vita tentando di
raggiungere clandestinamente il Vecchio Continente. E nel solo Canale
di Sicilia i morti sono stati 2.511.
Il punto di vista...
Colonizzatori, di Patrizia Maltese
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