martedì 17 giugno 2014

Letti per voi - Numeri a perdere di Riccardo Gavioso

Buongiorno popolo di Magla! Oggi vi parlerò dell’ultimo nato in casa Arpeggio Libero: Numeri a perdere, creatura letteraria di un nostro caro collega, sostenitore nonché amico: Riccardo Gavioso.
Recensione a cura di Ginevra
Numeri a perdere nasce da un’idea innovativa: l’affiancamento di racconti ad articoli “giornalistici”.
La penna efficace di Riccardo Gavioso stigmatizza con incredibile incisività alcuni degli orrori dimenticati del nostro tempo: dai massacri del Ruanda all’inferno di Payatas. Avendolo conosciuto sul sito meetale.com e avendolo apprezzato anche come scrittore di racconti (un suo scritto fu già pubblicato da Arpeggio Libero lo scorso anno nella raccolta 3013 per un bacio abbandonato) la direzione editoriale gli ha proposto di affiancare a questi articoli dei racconti che abbiano attinenza all’argomento trattato.
Da questa idea semplice nasce questo libro.
Continuate pure a dedicarvi al vostro ormai desueto mestiere di lettore, si tratterà semplicemente di far lavorare l’immaginazione come al solito”.

Numeri a perdere, che ha inaugurato la collana Hybrida, non è collocabile in nessun genere letterario convenzionale. Potremmo però dire, a grandi linee, che si tratta di un libro di attualità e di denuncia, che mescola racconti brevi ad articoli giornalistici. Eppure solo leggendolo se ne può cogliere a pieno la vera essenza.
Gli articoli sono incentrati sui grandi flagelli del giorno d’oggi, da quelli ben noti a quelli tenuti quasi nascosti dai “pennivendoli”, specie di giornalista malvista da Gavioso. L’attenzione del lettore è portata sulle tragedie del Ruanda, sulla Terra dei fuochi, sulle Filippine, sulle scuole italiane, sulla morte di Fisher. Tuttavia l’autore non si limita certamente a una fredda cronaca, a un elenco di fatti e conteggio dei morti. No, gli scritti di Gavioso sono sfacciatamente veritieri e pervasi da un’ironia pungente che colpisce tutti noi, spettatori e creatori della Storia. Frasi rudi e dirette pungono la coscienza del lettore.
Il neologismo femminicidio rimbalza fastidioso sui nostri giornali come un moscone invernale sul vetro. Ed è tragicamente ridicolo che nessuno pare si sia accorto che la scelta del lemma li avvicina alla mentalità del colpevoli.
Ogni articolo è preceduto da un racconto breve che ne riflette il tema. Lo stile rimane arguto e quasi doloroso, le parole spesso sono sospese in una sorta di “detto non detto” che induce il lettore a concludere la frase con le proprie idee, le quali coincidono sempre con il pensiero dell’autore, che ha condotto per mano il suo ascoltatore, passo dopo passo, fino a fargli creare la propria personale idea. Infatti Gavioso non pretende di insegnare nulla né di descrivere alcunché. Egli si limita a mostrare al lettore ciò in cui dovrebbe credere, senza imposizioni, senza arroganza, come ogni buon insegnante dovrebbe fare.
Lei è un idealista, professore, io non lo sono… Certo, persone come lei sono belle da guardare e suggestive da narrare, ma non servono… non servono. Lei è un uomo che se si ritrovasse tra le mani quattro mattoni e un paio d’ore di tempo, inizierebbe a costruire una cattedrale; io le metterei in un quadrato, accenderei un fuocherello e ci arrostirei sopra qualcosa… La vita è così breve, professore.
- (…) Io poserò i miei quattro mattoni, e a chi raccoglierà la cazzuola ne resteranno quattro in meno da posare… è già molto, mi creda…
Il lettore viene addirittura coinvolto in alcuni racconti, cosa insolita eppur originale, come particolari sono le storie dal punto di vista di un mattone o di una bufala campana, perché l’uomo non è capace di narrare tutto, o forse non può semplicemente parlarne.

E le donne arrivano. I capelli bianchi, nascosti da panuelos. Una volta fasce dello stesso colore. Ora foulard, ora simbolo. Sono poche e faticano ad arrivare. Mi guardano e si appoggiano a me, vinte dal ricordo o da una fatica che è arrivata presto. Sono poche e vere le madri di Plaza de Mayo
Un libro innovativo eppur vecchio quanto la memoria umana, o quella dei mattoni.

Rivoglio il giocattolino del dottor Guillon. Voglio un nuovo Maximilein- François-Marie-Isidor de Robespierre. Voglio un uomo che si ricordi che le unghie sono strumenti utilissimi, ma quando il loro prolungarsi valica un certo limite, il taglio è inevitabile. Zac!
Titolo: Numeri a perdere
Autore: Riccardo Gavioso
Editore: Arpeggio Libero, 2014
Pagine: 114
Prezzo: 12 euro
Link per l’acquisto: Sul sito dell’editore o su ibs

martedì 10 giugno 2014

[letti per voi] Quando dal cielo cadevano le stelle di Sofia Domino


Care amiche lettrici e cari amici lettori, oggi voglio parlarvi del libro Quando dal cielo cadevano le stelle di Sofia Domino.

L’autrice, nelle sue note di chiusura dice:  
“Ho sempre voluto raccontare della ferocia dei nazisti, delle sofferenze che i prigionieri hanno subito nei campi di concentramento e delle speranze che ogni persona nutriva durante la Seconda Guerra Mondiale”.
Il lavoro della giovane e talentuosa scrittrice (che ha svolto anche un’accurata ricerca storica e raccolta di testimonianze) è egregiamente riuscito. Il lettore è trascinato nella vita, nelle gioie e nelle tragedie personali dei protagonisti, divenendone parte e percependo, con lo stesso sbigottimento della giovane Lia, l’incredulità per una violenza così feroce, alimentata da quell’odio assurdo che ha permesso di sterminare un intero popolo e arrivando a provare la stessa indignazione della giovane di fronte all’orrore della Shoah.
La storia di Lia è un monito affinché ciò non accada mai più e un memento indelebile per non dimenticare.

Cari lettori vi consiglio questo libro al quale assegno 5 stelle meritatissime!

Approfondiamo ora un po’ la trama del libro…  Lia vive a Roma, ha tredici anni, vuole studiare, diventare medico e viaggiare ed è piena di sogni e voglia di vivere; ma è ebrea e siamo in piena Seconda Guerra Mondiale.

Vive nascosta da ormai tre anni assieme alla sua famiglia (suo padre Daniele, sua madre Giuditta, sua nonna Miriam, il fratello maggiore Tommaso e il piccolo Chalom), in una minuscola cantina, grazie alla complicità di una famiglia romana di amici (i Parisi). Il mondo di Lia si riduce a pochi metri quadri e tanto buio, a silenzi pieni di paura e poche ore di spensieratezza, durante le visite serali degli amici.

La sua vita precedente fatta di amiche, di scuola, studio e spensieratezza è stata spazzata via, ormai è solo un lontano ricordo. Ma proprio questi ricordi sbiaditi di una normale serena vita saranno quelli ai quali la giovane si aggrapperà, per non essere travolta dalla disperazione.

Lia è convinta che prima o poi tutto finirà, che tutti loro ritorneranno a vivere la vita di prima. La ragazzina non riesce ad accettare la violenza e la cattiveria, non riesce a comprendere perché lei e gli altri della sua famiglia, possano essere perseguitati e privati della possibilità di vivere, per il semplice fatto di essere ebrei. Perché Lia si sente una ragazzina come le altre e non capisce quale sia la differenza. Non capisce come si possa arrivare a provare odio. Non capisce come ci si possa accanire in una guerra di morte e distruzione, quando la vita in realtà è una cosa meravigliosa. «Questa situazione non durerà per sempre.»

E’ grazie a questa forza d’animo che Lia diventa luce forte di speranza in mezzo a tutta la disperazione di guerra. Quando le cose peggiorano, quando Roma viene bombardata, quando sono costretti a uscire per le strade rischiando di essere arrestati per andare in un altro nascondiglio e poi in un altro, ancora, Lia è la ragazzina coraggiosa che riesce a infondere fiducia e speranza agli altri membri della famiglia, affranti e afflitti per il precipitare della situazione.

Nonostante la tragedia, la disperazione e i bombardamenti Lia non smette di voler immaginare il cielo sopra di sé. Ma non lo vuole solo immaginare, lo vuole caparbiamente ricordare, lo vuole vedere e, soprattutto, vuole sapere che colore ha ora e quanto brillano le sue stelle, sopra una Roma bombardata. Infatti, lo chiede curiosa all’amico del padre, durante una delle sue visite serali nella cantina buia: “Com’è il cielo?”. E il signor Parisi le racconterà, qualche sera dopo, di aver guardato le stelle proprio per lei, proprio per poterle dare una risposta. Questo è uno dei passaggi più toccanti del romanzo, offre la portata dell’amore per la vita che Lia ha e di come riesca a riportare anche gli altri a una speranza primitiva e potente.

Lia, poi, per un breve periodo avrà il piacere di osservare quel cielo tanto amato dalla piccola finestra della mansarda, che dividerà con un’altra famiglia ebrea, la famiglia di Hadas. E proprio questa mansarda diventerà per la ragazzina il luogo più caro, perché qui condividerà pensieri ed emozioni con il suo amico Hadas, che diventerà una presenza sempre più importante per lei, dapprima amico e confidente, poi il vero primo grande amore. Nelle loro lunghe conversazioni la domanda ricorrente della giovane è: “Perché?”. Perché quest’accanimento e quest’odio così rabbioso nei confronti del mio popolo? Perché essere privata della mia vita, della mia libertà? In nome di cosa, tutto questo, quando la vita è così meravigliosa?”. E, alla domanda di Hadas su cosa vorrà fare dopo la guerra, la sua risposta spiazzante e sincera è: “vorrò vivere.”

Ma la guerra avanza inesorabile e anche noi lettori assistiamo impotenti al precipitare degli eventi e all’aggravarsi della condizione degli ebrei nella Capitale. Gli Urovitz devono a spostarsi nuovamente in cerca di un nascondiglio più sicuro. Assieme ad altre famiglie ebree trovano riparo presso un monastero, ma dopo il susseguirsi di rastrellamenti e perquisizioni in tutta Roma da parte dei tedeschi, le famiglie rifugiate sono costrette a fuggire altrove. La famiglia di Lia decide di ritornare nella loro casa, credendola ormai sicura. Ed è invece proprio qui che la mattina del 16 ottobre 1943, vengono catturati durante il più grande rastrellamento del Ghetto di Roma da parte della Gestapo. Tutti gli ebrei vengono deportati ad Auschwitz e qui Lia dovrà far ricorso a tutta la sua voglia di vivere e ai ricordi più belli per attraversare l’orrore dei campi di sterminio: subire il disconoscimento della propria identità e umanità, la fame, il freddo, i patimenti, i dolori e le violenze, le percosse, lo sfinimento fisico dei lavori forzati, la malattia, la morte, la follia dell’odio razziale e della crudele malvagità delle SS.
«Era ancora una persona chi veniva continuamente picchiata, umiliata e privata della dignità? Era una persona chi era stata obbligata a spogliarsi e lavarsi sotto l’acqua troppo calda o troppo fredda, e che era stata tatuata con un numero perdendo il suo nome?»

E’ solo grazie alla determinazione e all’amore per la vita che Lia trova la forza di un'incrollabile speranza. La forza per sopravvivere ogni volta un giorno in più, nonostante l’orrore in cui è precipitata. Lia, quindi, non si rassegna e continua a infondere fiducia e speranza alle altre prigioniere del campo. I suoi sogni diventano luce per tutte quelle donne che non ne hanno più (e anche per noi lettori, che avanziamo attoniti fra le pagine terribili della Shoah).

Anche qui Lia diventa il faro di speranza e di coraggio: il suo esempio impedirà a tante altre deportate di lasciarsi andare alla disperazione e alla morte nei vari campi di concentramento, che la ragazza attraverserà da Auschwitz a Mauthausen, tra la Germania e la Polonia. Più di una, infatti, alzerà di nuovo gli occhi al cielo per ritrovare un po’ di bellezza e umanità, oltre le pieghe del terribile genocidio, proprio come faceva Lia…

Autore: Sofia Domino
Genere: Narrativa
Editore: Autopubblicato
Pagine: 495 pp.
Prezzo: € 1,99


Consiglio nuovamente a tutti questa lettura, per riflettere, emozionarsi, indignarsi e non dimenticare...

Loriana 

lunedì 9 giugno 2014

[letti per voi] Punto di non ritorno

Recensione a cura di Marta Tempra.

***

L’appuntamento di oggi con le recensioni riguarda Punto di non Ritorno, la raccolta di Davide Schito: un giovane autore esordiente che ha trovato nell’autopubblicazione la via per presentare al pubblico il suo lavoro. Parlo più diffusamente di questo autore e del self publishing qui.
Siamo di fronte a un’opera d’esordio, dunque, anche se lo stile e le tematiche affrontate da Schito rendono chiaro come alle spalle di questa raccolta ci sia la pratica e l’esperienza di anni: d’altra parte, i suoi numerosi piazzamenti in concorsi e antologie ne danno conferma.
Punto di non ritornoScendiamo però nel dettaglio. Punto di non ritorno, di cui potete vedere la nuova copertina, è una raccolta di 24 racconti brevi che, come dice l’autore stesso nell’introduzione, “esplorano un mondo che non si ferma a quello che vediamo con gli occhi. Troverete storie reali in cui l’elemento inaspettato è sempre dietro l’angolo. [...] Punto di non ritorno è tutto questo: un insieme di racconti in bilico tra realtà e immaginazione”.
Ed è proprio questo che troveremo nella raccolta di Davide Schito. Il tema preponderante è il limite sottile che divide la vita e la morte, quell’impalpabile limbo in cui tutto è possibile, assurdo e verosimile al tempo stesso. L’elemento soprannaturale è spesso presente, ma mai in modo aperto, plateale, fantasy. Nei racconti di Schito il mistero si presenta poco a poco, insinuandosi in mezzo alle righe, oppure esplode alla fine, a capovolgere una storia apparentemente lineare in un sorprendente finale.
Questo, infatti, il maggior punto di forza della raccolta: il convergere dei due mondi, quello tangibile, materiale e quello misterioso, invisibile agli occhi, non è mai brusco o banale, ma sapientemente condotto da una penna veloce e fresca. Lo stile di Davide infatti si mantiene sobrio e concreto, lasciando al narratore, spesso in prima persona, il compito di coinvolgere il lettore nella sua storia con un linguaggio vivido e forte.
Molteplici sono i punti di vista, e anche i generi dei racconti: se come già detto quello preponderante è il mistery e il noir, non mancano contaminazioni. Il distopico di un mondo ormai collassato su se stesso e in preda alla rovina è protagonista dei racconti “Frammenti di madre” e “Rigenerazione”, l’horror tinge di rosso in “Leila” e “Io e mia zia”, sfumature nostalgiche e tematiche famigliari emergono in “Solo un figlio”, “Gli orecchini ritrovati”, “Il nipote perfetto”. Molto incisivo il tono della denuncia sociale, che sfiora dal di dentro i temi dell’immigrazione, della violenza domestica, della discriminazione.
L’incisività dei racconti è forse penalizzata dal loro numero, che rende leggermente ridondanti tematiche altrimenti di grande potenza. Tra i miei preferiti vorrei citare “Dea”, che mi ha colpito per il linguaggio e per l’autenticità dei personaggi, e “Ricorda chi sei”, in cui l’autore riesce a gestire un’atmosfera surreale in modo veramente magistrale.
Una nota di merito va invece alla qualità dell’ebook, che ho trovato molto ben fatto, a riprova che nel self-publishing si può trovare qualità editoriale.
In conclusione, trovo “Punto di non ritorno” una raccolta riuscita, molto variegata, con materiale forse sufficiente per due libri, ma che saprà di certo catturare chi è in cerca di una lettura diversa e avvincente.

mercoledì 4 giugno 2014

[Letti per voi] "La mia amica ebrea" di Rebecca Domino

Recensione 
La mia amica ebrea 


Buonasera amici di Magla, eccoci di nuovo a voi con un'altra recensione, sperando come sempre di aiutarvi nella scelta di un buon libro.
Il libro di cui parleremo oggi, s'intitola"La mia amica ebrea" di Rebecca Domino




Trama

Josepha è una giovane tedesca che vive la sua adolescenza in uno dei periodi più disastrosi e vergognosi della storia umana: la seconda guerra mondiale.
Lei è giovane e come tutti i giovani sogna una vita lunga, un futuro radioso e nel frattempo vorrebbe fare tutto ciò che spetta a una ragazza della sua età. Ha delle amiche, con le quali cerca di dare una parvenza di normalità alle loro vite, ha una madre, un fratello hitleriano e un padre ferito in guerra. Tutto sommato fino al '43 la sua vita è tranquilla rispetto a quella degli ebrei e questi ultimi sono per lei e per il resto della popolazione, materiale di scarto, esseri da cui liberarsi. Tutto questo fino a quando Josepha nella semplicità, veridicità della sua giovane età, scopre che “i grandi” sbagliano: gli ebrei sono persone uguali a loro.


La mia recensione per Magla

Alle prime righe mi sono detta, “un altro libro sulla shoah” e ho continuato per l'impegno preso. Sono poi restata favorevolmente sorpresa e contenta, quando mi sono accorta che questo romanzo non è il solito libro documentario che vuole commuovere il lettore sfruttando questo grave episodio della storia. Jospeha non è un'eroina, non è una perbenista, è una ragazza che ascolta gli adulti e crede che sia giusto fidarsi di loro e come potrebbe essere diversamente? Si sta appena affacciando sulla vita e deve ancora conoscerla. Quindi abbiamo una ragazzina avversa agli ebrei e quando, per forze a lei superiori, dovrà vivere a contatto con una famiglia ebrea e la giovane ragazza ebrea di nome Rina, ha paura; li guarda contrariata, non accetta le decisioni del padre, teme di dirlo alle amiche, di essere giudicata e infine di essere vittima anche lei della Gestapo. Ma tutto questo l'autrice ce lo mostra con grande abilità, attraverso la vita una ragazza che potremmo definire semplice. Il cambiamento, la conoscenza, il ripudio verso il razzismo avviene nel cuore di Josepha gradualmente e noi lo constatiamo attraverso le sue azioni che oggi sono normali ma che allora richiedevano un coraggio non indifferente. Josepha e Rina diventano amiche pur vivendo separate da barriere fisiche, da bui spaventosi, da inquietudine e dalla paura di morire e tutto questo ci porta a un finale sconvolgente.
Veniamo allo stile.
La narrazione è fluida, per quanto tratti un tema forte, l'autrice ci accompagna nella storia con un linguaggio oserei dire di tutti i giorni, rispecchiando quindi la natura del narratore che è appunto Jospeha, in quanto il romanzo è scritto in prima persona, sebbene a un certo punto ci sia una variazione per un certo senso d'obbligo, che ha reso molto bene.
Mi è piaciuto come da quasi “spettro” del romanzo, Rina occuperà poi un posto nuovo acquisendo consistenza.

Una nota stonata in tutto questo è purtroppo l'uso in modo non corretto dei segni grafici quali le lineette “―” un'impaginazione approssimata e la presenza di alcuni refusi. Tuttavia bisogna ricordare che si tratta di un'auto-pubblicazione e di conseguenza è perdonabile. Questo tuttavia non reca disturbo alla lettura, ma suggerisco all'autrice di eliminare i trattini a fine discorso diretto se non accompagnato da enunciato.
Infine, le faccio i miei complimenti per come ha svolto l'intero lavoro.

Link per l'acquisto

Blog dell'autrice

E per ora è tutto, dalle amministratrici di Magla, una buona serata


Annalisa