giovedì 20 marzo 2014

Emozioni tra le pagine- La morte di Didone

Oggi voglio postarvi un brano del Libro IV dell'Eneide di Virgilio. La traduzione è di Giuseppe Albini.
Ogni tanto un po' di sano classicismo fa bene alla salute.



Trepida allor e ne l'impresa atroce
Dido ardente, rotando occhi sanguigni,
sparsa di macchie le frementi gote,
pallida già de la futura morte,
nel cuore irrompe de la casa, in cima
al rogo sale furibonda e snuda,
dono non chiesto a ciò, la teucra spada.
Poi che le iliache vesti e il noto letto
mirò, sospesa in pianto ed in pensiero
un istante, piegò su quella coltre
e disse le novissime parole:
«O dolci spoglie mentre a' fati e a Dio
piaceva, ricevete questa vita
e da tanto dolor mi liberate.
Vissi, e il cammino che mi diè fortuna
percorsi; or grande l'ombra mia sotterra
andrà: superba una città fondai,
mie mura vidi; vendicai lo sposo
e al nemico fratello inflissi pena.
Avventurata, ahi troppo avventurata,
sol che mai tocco non avesser prore
dardanie il nostro lido!» Indi premendo
il suo viso a la coltrice «Morremo
invendicate, dice, e pur moriamo.
Cosí, cosí voglio ire a l'ombre. Miri
questa vampa dal mar l'empio troiano;
l'augurio abbia con sé de la mia morte».
Avea detto, e tra il dire abbandonata
su la punta la vedono le ancelle
con la spada e le mani sanguinose.
Sale il grido a le volte alte; la Fama
per la città commossa si propaga:
pianti, sospiri e femminili strida
scuoton la reggia, e l'aëre risuona
d'un immenso dolor, non altrimenti
che se rovini da' nemici invasa
tutta Cartagine o l'antica Tiro
e furenti sormontino le fiamme

degli uomini le case e degli Dei.

A cura di Ginevra Wilde

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